Epistolario

Il corpo principale del “Fondo Pigorini” è costituito dall’epistolario privato dello studioso. Questa sezione dell’archivio è composta da circa 10.600 carte collocabili in un arco cronologico che, nel suo complesso, va dal 1854 al 1925, anno in cui lo studioso, dopo essersi trasferito a Padova, si spense. Essa copre quindi l’intero arco cronologico della straordinaria carriera pigoriniana – la quale, come è noto, si aprì nel 1860 con l’avvio, assieme a Pellegrino Strobel, suo primo maestro, dello studio scientifico delle terramare dell’Emilia – e, in quanto tale, rappresenta un strumento eccezionale per la ricostruzione della nascita e dello sviluppo della paletnologia italiana, in sé e nel più ampio quadro dell’archeologia preistorica e protostorica europea.

L’epistolario – già in parte ordinato in modo molto rigoroso dallo stesso Pigorini all’interno di cartelline che recano sulla copertina, in sequenza alfabetica, cognome e nome dei corrispondenti – comprende in larghissima misura lettere – anche di lunghezza molto consistente – alle quali, spesso, sono allegate relazioni, piante e sezioni di scavo, nonché disegni – a volte di altissima qualità – e fotografie di materiali.

Ferdinand Keller (il padre degli studi sulle palafitte svizzere); Gabriel de Mortillet (il maggiore paleoliticista francese dell’epoca); John Lubbock (lo studioso che per primo definì il concetto di Neolitico).
Oscar Montelius (il fondatore del metodo tipologico); Heinrich Schliemann (lo scopritore di Troia e delle tombe reali di Micene); Arthur Evans (lo scopritore del palazzo di Cnosso).

La composizione dell’epistolario – che, a quanto sembra, a parte qualche caso ben riconoscibile, non subì né decurtazioni, né smembramenti – riflette – e consente di ricostruirla in modo puntuale – l’eccezionale rete di rapporti, sia istituzionali, sia personali, che Pigorini, nel tempo, fu capace di costruire e mantenere; una rete che, in perfetta linea con quello che era il progetto pigoriniano di censimento delle collezioni e delle nuove scoperte, era composta non solo da tutte le più grandi personalità scientifiche del panorama pre-protostorico italiano ed europeo – e, in questo senso, tanto per dare l’idea dello spessore e dell’ampiezza delle relazioni, basta citare nomi come quelli di Ferdinand Keller, il padre degli studi sulle palafitte svizzere, di Gabriel de Mortillet, il maggiore paleoliticista francese dell’epoca, di John Lubbock, lo studioso che per primo definì il concetto di Neolitico, di Oscar Montelius, il fondatore del metodo tipologico, di Heinrich Schliemann, lo scopritore di Troia e delle tombe reali di Micene e di Arthur Evans, lo scopritore del palazzo di Cnosso –, ma anche da una galassia di studiosi locali, i quali, con le loro informative, garantivano un monitoraggio capillare del territorio e un controllo costante dell’evolvere delle ricerche.